Highlights
| Il più grande ritrovamento d'oro delle Alpi
|
Oro, oro e...ancora oro
Il più grande ritrovamento d'oro delle Alpi
Fissavo incantato quel frammento d’oro che mai, prima
di allora, mi era capitato di vedere; semplicemente non
ci credevo. Ci eravamo imbattuti in uno dei maggiori
filoni di oro delle Alpi. Dinanzi ai nostri occhi solo
oro, oro e...ancora oro.
|
Il nostro sguardo non celava alcuna bramosia; sentivamo piuttosto di
essere indescrivibilmente un tutt’uno con la natura, così imponente.
Eravamo partiti con l’intento di approfondire la nostra conoscenza di
queste montagne selvagge, di “parlare con loro“, di “raccontare di
loro“. E la natura, come un’immensa cornucopia, non ha mancato di
svelarci tutti i suoi tesori.
Ottobre 2003. Senza troppe aspettative ci siamo lanciati in
un’avventura, nelle Alpi, là dove si poteva trovare l’oro. Poco tempo
prima, alla domanda di un giornale sull’eventuale possibilità di trovare
oro tra le nostre montagne, fui categorico nel rispondere negativamente.
Sì, forse qualche briciola si poteva rinvenire ma di certo nulla di più.
Il gruppo che avevamo formato non poteva essere più eterogeneo. C’era
Georg Kandutsch, il mineralogista e cercatore estremo di cristalli,
quindi Mario e Lino Pallaoro, conosciuti da tutti nella nostra regione
come i due “Gemelli“. Mai in vita mia mi era capitato di incontrare
qualcuno che si meritasse l’appellativo di gemelli tanto quanto loro.
Mario e Lino parlavano sempre in prima persona riferendosi però ad
entrambi, lavoravano nella stessa azienda, se uno si fumava una
sigaretta, l’altro se ne accendeva una, se uno beveva un caffé, l’altro
faceva lo stesso. Di solito, verso le dieci di sera, venivano colti
dalla stanchezza e bastava un cenno con il capo perché entrambi
andassero a letto, malgrado i festeggiamenti fossero appena iniziati. La
loro vita erano le montagne; fu quindi facile per me trovarmi in
sintonia con loro. Infine si unì Federico Morelli, provetto coltivatore
di fragole. Un po’ alla volta si formò tra noi un gruppo unito ed
affiatato e, come avventurieri, girovagammo tra i monti, aperti a
qualsiasi mistero. E così cominciammo la nostra spedizione in Val
d’Aosta.
Ci ristoravamo nelle tipiche case in lastre di pietra sparse nelle
valli dei dintorni di Brusson, un piccolissimo paese a ridosso della
montagna già noto all’epoca dei Romani per le sue miniere. Era proprio
quella la nostra meta. Gallerie chilometriche si erano fatte strada
nelle rocce da ogni lato; era quasi un miracolo che non fosse crollato
tutto già da tempo. Entrammo in quella meraviglia, testimonianza di
grandi fatiche umane. Lo splendore del passato era svanito. Le miniere,
nel corso degli ultimi decenni, furono lasciate aperte e nelle gallerie,
nei pozzi e nei cunicoli trovò nuovamente dimora la potenza della
natura, riconquistando ciò che era andato perduto. Ovunque si
schiudevano ai nostri occhi anfratti di cristallo; migliaia di esemplari
giacevano al suolo come frammenti di vetro scintillanti. Il loro valore
era dato dalla rarità, ma fu il loro modo di brillare e di luccicare ad
attirare la nostra attenzione.
Qui la bramosia degli uomini, la loro sete di una rapida ricchezza poté
avere libero sfogo. Gli stessi gemelli mi raccontarono al riguardo
alcuni episodi. Alcuni mesi prima, insieme ad altri compagni di
avventura, avevano fatto un importante ritrovamento di oro. Non
riuscendo a penetrare abbastanza nelle rocce per ricuperare tutti i
pezzi, si erano solennemente ripromessi di proseguire i lavori insieme
la settimana successiva. Al loro ritorno però un' insospettata sorpresa
li accolse:l’amico/collega biellese si era già impadronito nel frattempo
di tutti i campioni d’oro del ritrovamento! Questa bramosia mi affascinò
e nello stesso tempo sconcertò. Era singolare osservare come gli uomini
venivano sopraffatti dall’avidità. Certo era difficile riuscire a
penetrare le rocce dure anche solo di un millimetro.
Cercammo un vecchio minatore, un certo Florindo Bitossi, ormai
ultrasettantenne, uno degli ultimi testimoni di un’epoca passata. In
anni di lavoro in queste miniere lasciate aperte aveva rinvenuto solo
qualche briciola di oro, il più allettante di tutti i metalli pregiati.
Insieme a lui entrammo all’interno delle gallerie, dove diversi resti
testimoniavano il duro lavoro: una pala, uno scalpello rotto, un
martello. Di lui si poteva solo ammirare la tenacia: giorno dopo giorno
instancabilmente si inoltrava all’interno della miniera alla ricerca di
oro. Anche se non trovava alcuna traccia di oro, era comunque un uomo
fortunato. Incontrammo poi alcuni lavatori d’oro che volevano lavare gli
ultimi frammenti facendo ricorso alla forza dell’acqua.
Più facevamo domande alla gente e più erano le informazioni che ci
venivano date. Sì, si trattava proprio della “Provincia dell’oro delle
Alpi“, così come veniva citato nelle fonti degli antichi Romani. Benché
la febbre dell’oro circolasse solo nella clandestinità e non venisse
reclamizzata, in questa zona trovammo una vivace schiera di persone che
si occupavano della ricerca del metallo nobile. Ci recammo da Franco
Chianale, il quale svolgeva una comune professione borghese ma che, nel
tempo libero, si trasformava camaleonticamente. Non appena indossati
adeguati indumenti da lavoro ancora imbrattati, ci mettemmo in cammino
insieme a lui tuffandoci nella meraviglia dell’oro delle Alpi. Alcuni
anni prima, insieme ad alcuni colleghi, era stato autore di un grandioso
ritrovamento, senz’altro uno dei più importanti avvenuti nelle Alpi. Uno
dei frammenti più significativi venne consegnato al Museo Naturale di
Torino; alcuni invece ce li mostrò. Fummo sopraffatti dalla meraviglia
per la loro grandezza e lucentezza.
La provincia dell’oro, per fortuna, era ancora viva. Benché le miniere e
le gallerie non venissero più coltivate industrialmente, vi erano
comunque ancora i loro proprietari, titolari dei relativi diritti di
sfruttamento.
E così,dunque, anche noi ci incamminammo. Chissà, magari poteva capitare
anche a noi di trovare qualche traccia di oro. Il nostro era proprio
un bel gruppo, composto da Kandutsch, il mineralogista, dai gemelli e da
Federico in veste di lavoratori esperti. La nostra ricerca iniziò in una
zona desolata. Sembrava tutto estremamente strano. Alcuni secoli fa, dei
minatori dovevano aver fatto saltare la gran parte di una galleria senza
peraltro rimuovere il materiale accumulatosi. Il motivo di ciò oggi non
si sa più. Poi il grande momento: all’improvviso tenevamo tra le mani un
inaspettato pezzo di oro, grande e pesante... Restò per noi un mistero
la ragione per cui i vecchi minatori l’abbiano ignorato. Colpo dopo
colpo, vennero alla luce, l’uno dopo l’altro, vari esemplari d’oro,
d’oro puro. In un’occasione persino come matrice di alcuni cristalli di
quarzo. Nell’arco di due ore si formò dinanzi ai nostri occhi un ammasso
di oro del peso, a nostro avviso, di circa due chili. Come era possibile
un ritrovamento così fortunato? Avevamo intrapreso questa avventura
senza alcuna aspettativa ed ora ogni frammento d’oro si mostrava
ammiccante ai nostri occhi, spuntando dal quarzo in grossi cristalli.
Per la prima volta appresi i messaggi celati nel più nobile di tutti i
metalli preziosi: la forza e la potenza intrinseca.
Soltanto se si impara a trattare i minerali e i cristalli come fossero
degli amici, degli esseri viventi, essi mostreranno la loro vera
interiorità. Condiamo le nostre pietanze con il sale, un minerale,
utilizziamo un gran numero di metalli per rendere la nostra vita più
agevole, ci “rifocilliamo” con i colori delle pietre preziose, le
utilizziamo come gioielli, per non parlare delle loro virtù
terapeutiche, spesso nascoste. Perché queste possano essere espresse,
non basta offrire alla gente migliaia di pietre lavorate e sostenere
quanto queste facciano bene alla salute. La potenza della natura chiude
gli occhi davanti all’affarismo. Quanto asserito dai più diversi
esoterici circa la potenza dei cristalli sono per lo più sciocchezze,
null’altro. Solo nutrendo un rispetto profondo si può entrare in
sintonia con i minerali. Solo allora ci si potrà accorgere che
l’ametista reagisce diversamente dal quarzo rosa, che il cristallo di
rocca possiede un’interiorità diversa da quella dell’agata e che l’oro
emana forze che ci consentono di riconoscerne l’essenza di raro metallo
prezioso con proprie caratteristiche autenticamente affascinanti.
Non potevamo fare altro che ridere. Qui generazioni su generazioni hanno
cercato l’oro e noi l’abbiamo trovato in gran quantità. Avevamo davvero
imparato a meglio comprendere la natura, a leggerla con occhi diversi?
L’“oro delle Alpi“brillava all’improvviso dinanzi a noi e nessuno litigò
per spartirselo. Nessuna bramosia si nascondeva dentro di noi; ce ne
stavamo piuttosto seduti lì, cercando di assaporare intimamente
quell’istante. Fluttuavamo in un altro mondo, completamente estraneo al
nostro. „Gold is where you find it.“ (L’oro è là, dove lo sai trovare.)
|